Comunicato di CGS con le risposte alle principali obiezioni venute da alcune OO.SS. in merito al ricorso risarcitorio alla CEDU. Per fare chiarezza, speriamo definitivamente!

Notiziario n. 45 del 18 aprile 2016 –

Locandina CGS ioricorroetuSi riporta di seguito il testo integrale del comunicato n. del 13 aprile  2016 con il quale la nostra Confederazione intende fare chiarezza a proposito delle obiezioni principali poste da alcune OO.SS. in merito al ricorso risarcitorio promosso dalla CGS alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.

” Il ricorso della CGS alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) per l’ottenimento di un risarcimento per i mancati aumenti contrattuali ha provocato una serie di risposte sindacali sulle quali abbiamo già risposto con due comunicati. Con quest’ultimo vogliamo fare chiarezza, in modo schematico, semplice e speriamo definitivo sulle tre obiezioni principali che ci vengono poste, soprattutto, da due dei tre sindacati confederali. Proviamo a farlo in forma chiara, domanda e risposta:

Domanda: L’articolo 35 della Convenzione CEDU prevede che siano ricevibili solo i ricorsi che siano stati proposti dopo aver esperito le vie di ricorso interne. È vero che ciò vuol dire che si può ricorrere solo in presenza di una sentenza della Cassazione, al termine di tre gradi di giudizio?

 Risposta: FALSO. La CEDU ha chiarito che “…la regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne deve applicarsi con una certa flessibilità e senza un eccessivo formalismo” (ricorso n. 46967/07, causa CGIL e Cofferati contro Italia). Ciò vuol dire che in presenza di una sentenza di primo grado emessa a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale, che rende impossibile l’accesso ai successivi gradi di giudizio, il ricorso è pienamente ricevibile. È il caso per l’appunto dei dipendenti pubblici italiani e, oltre al precedente citato, tra le pronunce possiamo citare quelle relative ai ricorsi n. 11084/02 e 15306/02, H.G e G.B contro Austria.

 

Domanda: È vero che il ricorso poteva essere presentato – pena l’irricevibilità – entro sei mesi dalla decisione definitiva che, nel nostro caso, sarebbe la sentenza della Corte Costituzionale n. 178/2015 pubblicata il 29 luglio 2015?

Risposta: FALSO. I sei mesi decorrono dalla data della sentenza di primo grado emessa a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale e quindi siamo pienamente nei termini.

 

Domanda: è vero che, anche ammesso che il ricorso fosse dichiarato ricevibile e che la CEDU si pronunciasse a favore dei ricorrenti, questa non può liquidare risarcimenti monetari a favore dei ricorrenti in quanto sarebbe il Governo italiano a scegliere i mezzi e le modalità di applicazione della sentenza?

Risposta: FALSO. La CEDU può liquidare in via equitativa sia i danni morali che quelli materiali. Nella citata causa CGIL e Cofferati contro Italia, ad esempio, la CEDU ha liquidato a titolo di danno morale 8.000 euro a ciascuno dei due ricorrenti  mentre non ha liquidato danni materiali perché i ricorrenti non li hanno quantificati. Nell’altra causa citata (H.G. e G.B. contro Austria) la CEDU ha liquidato la somma di 75.000 euro più spese al primo ricorrente e 15.000 euro più spese al secondo ricorrente. Chi sostiene la tesi della non liquidabilità dell’indennizzo da parte della CEDU, confonde in modo marchiano la CEDU con la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE).

 

Dopo quanto esposto ciò che ci (e vi) chiediamo è: se un sindacato non vuole fare un ricorso, legittimamente, deve per forza tentare di screditare le azioni altrui? È credibile che la CGIL FP – che sostiene la tesi della non ricevibilità del ricorso se non dopo sentenza di Cassazione – non sapesse di un precedente illustre che riguarda proprio quel sindacato e l’allora Segretario Generale Cofferati?

Forse non se lo vuole ricordare?

L’altra spiegazione è che forse quella di Cofferati  era un’altra CGIL …

 Per quanto riguarda la CISL FP, è plausibile che un sindacato così importante confonda, in tema di risarcimenti, la CEDU con la Corte di Giustizia dell’Unione Europea e non sappia che il termine di sei mesi non decorre dalla sentenza della Corte Costituzionale? Oppure è lecito pensare che è solo una manovra affinché i lavoratori non partecipino ad iniziative che la CISL non ha voglia di organizzare?

Noi, come è ovvio, andremo avanti con il ricorso ma ci teniamo a chiarire che la nostra iniziativa non è contro qualcuno ma che tende solo a dare la possibilità ai lavoratori di recuperare quanto perso a causa del reiterato blocco contrattuale e non è alternativa alle mobilitazioni per ottenere al più presto il rinnovo contrattuale. In questi anni – oltre ad ottenere la sentenza della Corte Costituzionale che adesso è diventata patrimonio comune di tutti – abbiamo manifestato, scioperato, presentato per primi, con anni di anticipo rispetto agli altri sindacati, le piattaforme contrattuali. E lo scorso 28 novembre 2015 abbiamo organizzato la grande manifestazione del pubblico impiego unitamente a CGIL, CISL, UIL e CONFSAL.

 Per questo non accettiamo lezioni da nessuno: siamo e sempre resteremo dalla parte dei lavoratori.

Roma, 13 aprile 2016                                     LA SEGRETERIA GENERALE CGS

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