Audizione di CSE alla Camera sullo schema di decreto sul licenziamento disciplinare. Eccesso di delega e norme irragionevoli, dunque un testo da riscrivere

Notiziario n. 65 del 25 maggio 2016 –

immagine lic. disc.Si riporta di seguito il testo del “comunicato” diffuso in data odierna dalla Segreteria Generale CSE con il quale si dà notizia dell’audizione di Confederazione CSE da parte delle Commissioni Parlamentari “Affari Costituzionali” e “Lavoro” della Camera dei Deputati,  avvenuta il 16 maggio u.s. e relativa ai contenuti dello schema di provvedimento che reca modifiche all’articolo 55-quater del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di “licenziamento disciplinare”.

Lunedì 16 maggio la CSE, unitamente ad altre Confederazioni sindacali, è stata audita dalle Commissioni Riunite Affari Costituzionali e Lavoro della Camera dei Deputati sullo schema di decreto legislativo che dovrebbe riformare i licenziamenti disciplinari in caso di falsa attestazione di presenza, i cosiddetti “furbetti del cartellino”.

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un provvedimento che va nello stesso senso dei governi precedenti e che tenta quindi una ripubblicizzazione del rapporto di lavoro, seguendo per di più l’onda mediatica provocata dalla scoperta di pochi delinquenti che si facevano timbrare il cartellino da altri; d’incanto sparisce ogni progettualità tesa a fornire servizi migliori alla collettività e ci si concentra sulla notizia del giorno, mostrando scarsa lungimiranza.

Uno schema di decreto legislativo che non mostra nemmeno lontanamente quel minimo di volontà riformatrice che dovrebbe essere alla base dell’azione di Governo ma propone solo misure da dare in pasto all’opinione pubblica, quasi che siano tutti delinquenti i dipendenti pubblici. Un provvedimento mal scritto, inapplicabile nei fatti, che nelle uniche parti in cui dovrebbe innovare rischia di creare un effetto boomerang che mantiene in servizio i delinquenti e semmai punisce in modo draconiano gli altri lavoratori per mancanze lievi o lievissime.

Come altrimenti definire uno schema di decreto legislativo che prevede la sospensione dal servizio entro 48 ore dal fatto commesso senza poi fissare i termini per l’inizio del procedimento disciplinare ma cavandosela con aggettivi e avverbi (immediatamente o in via immediata) che non hanno nulla di giuridico? Come chiamare una misura che per la prima volta sancirebbe la sospensione dal servizio con la privazione non solo della retribuzione ma dell’assegno alimentare, che non ha natura retributiva ma assistenziale, in una fase in cui l’illecito non è stato ancora accertato?

Come se non bastasse, in una catarsi punitiva, lo schema presentato prevede anche di punire il terzo che favorisce la falsa attestazione della presenza non solo per la condotta attiva ma anche per quella omissiva, senza però chiarire chi sarebbe il terzo in quest’ultimo caso e in cosa si sostanzia la condotta omissiva e rischiando così di punire qualcuno che non c’entra nulla. Ove non bastasse, si tenta la riscrittura anche del codice penale, inventando una nuova configurazione del reato di omissione di atti d’ufficio e si fissano regole per contestare addirittura un danno erariale. Misure che non stanno né in cielo né in terra.

La CSE ha sottolineato nell’audizione che queste due ultime due fattispecie esorbitano la delega conferita al Parlamento e che quindi devono essere affrontate con legge ordinaria, ammesso che siano fattispecie da affrontare.

La CSE ha anche ribadito che non intende in alcun modo difendere coloro che si sottraggono al lavoro risultando falsamente in servizio. Ma è credibile proporre delle leggi che vengono poi affossate dai giudizi per la loro inapplicabilità? Ad esempio abbiamo fatto notare che, come già successo con la Legge Brunetta, non esiste una gradualità delle sanzioni. Se tutti siamo d’accordo nel licenziare chi si fa timbrare il cartellino da altri e se ne va a spasso, è altrettanto giusto sanzionare con il licenziamento chi si assenta per pochi o pochissimi minuti dal posto di lavoro, comportamento certamente grave ma non tanto da giustificare un licenziamento?

Questo tipo di sanzioni vanno bene sulla carta ma laddove sono irragionevoli, vengono poi censurate in giudizio. E allora perché far finta di introdurre misure così ingiuste da deprimere la motivazione dei milioni di dipendenti pubblici onesti?

Per questo, pur facendo notare tutte le magagne tecniche contenute nello schema di decreto legislativo, la CSE si è concentrata sul suggerire al Governo la riscrittura del testo ma, ancor di più, sulla assenza di misure complessive che diano nuove motivazioni ai lavoratori pubblici, a partire dal rinnovo dei contratti bloccati ormai da sette anni, e rilancino il ruolo della contrattazione. In fondo, quanto c’è di buono anche in tema di licenziamenti disciplinari è ciò che è contenuto nei contratti collettivi che vorremmo continuare a preservare.

LA SEGRETERIA GENERALE CSE “

Pubblichiamo su questa stessa pagina il documento consegnato dalla delegazione CSE alle Commissioni Parlamentari Affari Costituzionali e Lavoro (allegato 1) e l’Atto Camera n. 292/2016 recante lo schema di provvedimento di che trattasi, adottato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri e relativo al c.d. “licenziamento disciplinare” (allegato 2)

FLP DIFESA – Coordinamento nazionale

Allegato 1: 16.05.2016 – Documento CSE sullo schema di provvedimento sul licenziamento disciplinare

Allegato 2: A.C. 292 – Schema Decreto Legislativo sul licenziamento disciplinare

Si prega di dare al presente Notiziario la massima diffusione tra i colleghi interessati.

                                                  IL COORDINAMENTO NAZIONALE FLP DIFESA