La riforma a metà dell’Ordinariato Militare. Riduzione dei ruoli dirigenti, ma restano i gradi militari. Con un costo ancora notevole per le casse dello Stato

Notiziario n. 66 del 27 maggio 2016 –

L'Ord. Mil. mons. Marcianò tra il personale con le stellette

L’Ord. mil. mons. Santo Marcianò dopo una funzione, tra i militari

La riorganizzazione in chiave riduttiva delle FF.AA., in termini di taglio di strutture (- 30% minimo al 2018) e di uomini (150.000 militari e 20.000 civili al 31.12.2024), avviata dalla legge 31.12.2012 n. 244 e attuata attraverso i due DD.LL.gs. nn. 7 e 8/2014 con le ultime correzioni introdotte dal decreto approvato recentemente dal Consiglio dei Ministri e non ancora pubblicato in G.U., dovrebbe essere accompagnata (finalmente) anche dalla riforma dell’Ordinariato Militare in Italia (OMI), con riduzione dei costi a carico dei cittadini. A tal riguardo, è partito qualche mese fa un tavolo di lavoro tra Vaticano/CEI (Conferenza Episcopale Italiana), da una parte, e Governo dall’altra, finalizzato alla riforma dell’“assistenza spirituale”.

L’OMI  è una circoscrizione della Chiesa cattolica, assimilata ad una diocesi,  che ha giurisdizione sul personale di tutte le FF.AA. (EI, MM, AM, CC, e anche G.d.F.).  E’ suddiviso oggi in sedici zone pastorali geografiche ed è guidato da un Vescovo (“Ordinario Militare”)  designato dal Papa, nominato con DPR e in possesso del grado di Generale di C.A., incarico questo rivestito oggi da mons. Santo Marciano. L’organigramma dell’OMI prevede anche un Vicario Generale  (Generale Divisione, attualmente mons. Angelo Frigerio)  e degli Ispettori (Generali Brigata). A livello territoriale, le funzioni di assistenza spirituale sono svolte dai Cappellani Militari Capi  (gradi a scalare da Colonnello a Maggiore) e dai Cappellani Militari Addetti (grado di Tenente).  Non poteva mancare  (della serie: non ci facciamo mai mancare niente..)  una scuola di formazione (“Scuola Allievi Cappellani Militari”, con sede a Roma) e anche un’associazione (ASFA) finalizzata a coadiuvare il lavoro dei Cappellani.

Che tutto questo pesi parecchio sulle casse pubbliche,  è del tutto ovvio. Secondo SEL, “nel 2013 la cura spirituale dei militari impegnati in missione è costata quasi 17 mln €; questa cifra comprende gli stipendi, le pensioni e il mantenimento degli uffici; solo questi pesano 2 milioni di euro l’anno”. Secondo una stima più recente, le attività  afferenti all’OMI costerebbero oggi dai 15 ai 20 mln all’anno.

Di cancellare,  o quantomeno fortemente  ridurre, questa costosa organizzazione si parlava da un po’ di tempo. I radicali nella scorsa legislatura, e in questa l’on. Giachetti  (PD) e l’on. Melilla (SI),  ci hanno provato con l’obiettivo di ridurre il numero dei Cappellani (oggi 204 in organico),  ma soprattutto di togliere agli stessi i gradi militari che fanno ovviamente lievitare i costi, tra i quali quelli previdenziali (156 oggi i pensionati, e tra questi il Presidente della CEI, card. Angelo Bagnasco, ex Ordinario, che percepisce la pensione di Generale di C.A. ….).

Se questo è il quadro, una marcata cura dimagrante appariva una scelta quanto mai doverosa, anzi l’assurdo è stato che mentre si bloccavano i contratti, si tagliavano le pensioni e il welfare, e si mandavano a casa centinaia di migliaia di lavoratori,  i Governi hanno tollerato questa situazione e questi privilegi d’antan.

Il tavolo bilaterale Governo/Vaticano-CEI parrebbe essere ora approdato ad una intesa di massima. Ne ha riferito qualche giorno fa all’Agenzia AGI  il Vicario mons. Frigerio: «Il taglio, che dovrebbe riportare entro quota 5/6 milioni di euro le spese totali dell’assistenza spirituale alle FF.AA., sarà  reso possibile da una diminuzione di 46 cappellani (dai 204 previsti a 158) e da una davvero rilevante riduzione dei posti dirigenziali, dagli attuali 14 (un Generale di C.A., un Generale di D., 3 Ispettori Generali di B. e 9 Colonnelli) a solo due: l’ordinario militare (Generale C.A.) e il Vicario generale (Generale D.). Gli altri cappellani avranno meno carriera”  (sono previsti scatti di grado ogni 10 anni). La riduzione dovrebbe comunque avvenire solo attraverso i collocamenti a riposo e i mancati ripianamenti. Dunque, Cappellani ridotti sì nel numero,  dunque, ma con ancora i gradi militari!!!!

Ebbene, se questi sono gli approdi,  dobbiamo dire che emerge in tutta evidenza la mancata rinuncia ai gradi militari, su cui gli stessi Vertici dell’OMI  si erano impegnati.

Ci chiediamo: ma per fare assistenza spirituale al personale delle FF.AA. è proprio necessario che i preti siano anche militari con tanto di gradi e relativi soldi?  Non potrebbero farlo solo come semplici preti? O perché non affidare l’assistenza ai preti/parroci del luogo in cui hanno sede gli EDR della Difesa?

(Giancarlo Pittelli)