Qualche riflessione dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato la c.d. “riforma Madia”. Il Paese ha bisogno di una vera riforma della P.A., come dell’immediato rinnovo del contratto di lavoro scaduto da oltre 7 anni

Notiziario n. 147 del 22 dicembre 2016 –

Marianna Madia intristita e pensierosa

Si riporta di seguito il testo del Notiziario FLP n. 35 diffuso in data 19 u.s. che propone una serie di riflessioni interessanti sulla c.d. riforma Madia della Pubblica Amministrazione, anche in conseguenza della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 251/2016.

“Come è noto a fine novembre, poco prima del referendum costituzionale, la riforma Madia della P.A. ha subito uno stop dalla Consulta che, pronunciandosi sul ricorso della Regione Veneto, ha bollato come incostituzionale la norma che prevede che i decreti attuativi delle Legge delega siano adottati previo parere anziché previa intesa con la Conferenza Stato – Regioni.

Nel mirino sono finiti i Decreti di riforma della dirigenza, quello sui servizi pubblicisulle partecipate  e sul licenziamento “rapido” dei dipendenti pubblici.  Mentre altri Decreti in dirittura di arrivo, come quello di riscrittura del testo unico dei dipendenti pubblici, subiranno sicuramente un rallentamento. Ma l’ennesima riforma della P.A., fortemente voluta da Renzi, a prescindere dalla sentenza della Consulta, dimostrava  già molte lacune di impianto.

Innanzitutto in materia di partecipazione dei soggetti coinvolti, che sono stati tenuti fuori dal processo e si sono visti calare dall’alto una serie di norme, spesso costruite nelle stanze dei bottoni, senza che chi le scrivesse avesse diretta e piena cognizione di ciò che si parlava. E parliamo non solo degli altri soggetti istituzionali, ( Regioni ed Enti locali) ma anche delle OO.SS., dei rappresentanti della società civile,  di esperti autonomi.

Ma il problema non è stato solo di metodo, ma anche di merito.

La “Riforma” è permeata da una incomprensibile logica di ritorno alla centralizzazione in luogo del decentramento delle funzioni, attua una riorganizzazione delle funzioni disorganica, legata in gran parte ad obiettivi di cassa, senza che nei provvedimenti emerga una vera idea guida. Un progetto caotico, troppo vasto e solo di facciata, come avvenuto per la soppressione delle Province, che non ha prodotto veri risparmi, ha creato problemi nella ripartizione delle competenze e di fatto non ha ricollocato il personale, già  poco valorizzato. Pensare di riformare la PA intervenendo (male) solo sulla dirigenza, bloccando come è avvenuto, gli stipendi per un decennio, umiliando i lavoratori con campagne denigratorie generalizzate, impedendo per legge e per molti anni, percorsi di carriera e di riconoscimento delle professionalità, è stata una follia di tutti i Governi succedutisi negli ultimi anni, una scorciatoia demagogica che ha cercato capri espiatori, ma non ha mai realmente investito sul cambiamento.

Eppure si può e si deve intervenire nella P.A., con azioni meno pompose e retoriche o con la ricerca a tutti i costi della “riforma storica”, iniziando ad esempio a colpire gli sprechi e gli appalti gonfiati, le duplicazioni di competenze, le esternalizzazioni selvagge. Tenendo la politica, o meglio i Partiti, fuori dalla P.A., impedendo che la stessa venga utilizzata per piazzare politici trombati o per far lavorare aziende amiche.  Azionando una vera politica anticorruzione che non si limiti a criminalizzare episodi di malcostume assolutamente inaccettabili come quelli dei cosiddetti furbetti del cartellino, ma che attivi veramente la rotazione degli incarichi, i controlli audit e di gestione. In questo modo avremmo da subito veri risparmi (altro che quelli che derivano dall’impoverimento dei lavoratori), maggiore efficienza e una ripresa dell’etica pubblica di cui il nostro paese ha tanto bisogno.

La valanga di no al referendum Costituzionale e la nascita del nuovo (si fa per dire) Governo pone probabilmente in una situazione di stallo la riforma Madia e la sua stessa riscrittura (nonostante la riconferma),  visti i tempi ristretti imposti all’Esecutivo legati all’approvazione della nuova legge elettorale e all’indubbia debolezza della compagine governativa.

Ma oltre al possibile stallo sulla riforma (che per come è scritta non ci dispiace più di tanto) temiamo che il Governo tergiverserà anche sul rinnovo dei contratti, utilizzando l’accordo preelettorale con CGIL CISL UIL, nel quale ha promesso il rinnovo del contratto dei pubblici dipendenti, per prendere ancora più tempo, rendendo sempre più intollerabile la situazione dopo 7 anni di blocco e la sentenza della Corte.

Perché, lo ricordiamo, non è stato purtroppo ancora emanato l’atto di indirizzo all’ Aran per l’apertura del negoziato e in legge di stabilità vi sono  stanziate risorse assolutamente insufficienti non in linea neanche con i miseri aumenti promessi a CGIL CISL e UIL.

Così come appare difficile  che riescano a dare seguito alle modifiche normative necessarie per superare le norme volute dall’ex Ministro Brunetta e ridare spazio alla contrattazione, superando la riserva di legge oggi imperante nel rapporto di lavoro pubblico. Uno scenario, questo delineatosi nell’ultimo mese, confuso e pericoloso, di cui avremmo fatto volentieri a meno, e che come FLP  contrasteremo con forza.    LA SEGRETERIA GENERALE FLP “

La sentenza della Corte Costituzionale n. 251/2016 è pubblicata in forma integrale su questa stessa pagina.

 IL COORDINAMENTO NAZIONALE FLP DIFESA

Allegato: Sentenza Corte Costituzionale n. 251 anno 2016