I contenuti della Direttiva n. 3 della F.P. sul riassetto organizzativo delle AA.PP. nella fase 2, anche con riferimento al lavoro agile. La revisione delle prestazioni indifferibili, la riduzione percentuale di personale in lavoro agile, l’adozione di articolazioni di orario compatibili col trasporto pubblico, l’impulso al mantenimento e alla promozione del lavoro agile mediante l’acquisizione di strumentazione informatica, la formazione e l’implementazione degli accessi da remoto alle reti informatiche interne. La CSE scrive alla Ministra e chiede un protocollo per la gestione della ripresa.

Notiziario FLP Difesa n.44 del 7 maggio 2020 –

E’ stata emanata il 4 maggio u.s. la Direttiva n. 3 della Funzione Pubblica, che si pubblica su questa pagina in allegato 1, recante indicazioni alle Pubbliche Amministrazioni sulle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nell’evolversi della situazione epidemiologica. Posto che le PA non hanno sospeso l’erogazione dei servizi, ricorrendo al lavoro agile come modalità ordinaria di prestazione lavorativa, ora si pensa al riassetto delle modalità organizzative mediante la revisione delle prestazioni indifferibili da rendere in presenza, delle modifiche alle percentuali di personale in lavoro agile, del ricorso a turnazioni, di possibili articolazioni dell’orario che tengano conto delle criticità di utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici. Dall’altra parte però viene ribadito l’impulso al mantenimento e alla promozione del lavoro agile, sollecitando la PA alla programmazione dell’acquisto di strumenti informatici in ausilio allo SW, all’investimento in nuove tecnologie, alla formazione informatica del personale, all’implementazione dell’analisi organizzativa mirata alla diffusione della capacità di lavorare in modalità agile, peraltro garantendo fra l’altro il diritto alla disconnessione.

Si riporta di seguito la nota CSE del 5 maggio u.s., nella quale vengono esplicate le ragioni della richiesta alla Ministra Dadone, con la quale viene sollecitata la richiesta di definire uno specifico protocollo di intesa, al fine di evitare eventuali fughe in avanti da parte di Amministrazioni che perseguissero l’obbiettivo di tornare tout court alle modalità organizzative ante-emergenza.

E’ stata emanata nella giornata di ieri la Direttiva n. 3 della Ministra Dadone recante indicazioni alle Pubbliche Amministrazioni sulla gestione della fase due, a seguito dell’emanazione del DPCM 26 aprile 2020.

Nella stessa, nel riconfermare che anche in questa fase il lavoro agile resta la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa fino al termine del periodo emergenziale, individuato dalla normativa al 31 luglio 2020,viene anche prevista la possibilità da parte delle singole Amministrazioni di rimodulare le percentuali di personale in lavoro agile, con riferimento alle necessità del sistema Paese connesse alla ripresa economica e all’esigenza di continuare ad assicurare i servizi ai cittadini ed alle imprese, nella massima sicurezza e adottando quanto previsto al tal fine dalle disposizioni del Ministero della Salute e dal documento tecnico dell’Inail, recepito come allegato nel DPCM 26 aprile 2020.

La CSE ritiene che le Pubbliche Amministrazioni, in questi mesi di grave situazione emergenziale, grazie al sacrificio ed all’impegno di centinaia di migliaia di lavoratori, abbiano continuato a svolgere il loro dovere, garantendo la massima sicurezza degli addetti e dei cittadini, e offrendo senza soluzione di continuità, tutte le prestazioni e i servizi necessari al Paese.

Le lavoratrici ed i lavoratori non si tireranno certo indietro neanche nella fase due e daranno, come sempre, il loro contributo professionale e sociale per accompagnare la necessaria ripresa economica.

 Ma questo va fatto nella massima sicurezza e senza disperdere in alcun modo il bagaglio di professionalità e di innovazione che comunque questa fase emergenziale incredibilmente ha prodotto.

Lo diciamo perché notiamo in troppe Amministrazioni la voglia di ritorno al passato, una accelerazione sul rientro alle attività in presenza non giustificate dalla tipologia di servizio e dall’attività espletata, che mette a rischio il personale e la cittadinanza, che non rispetta le norme di distanziamento sociale all’interno degli uffici, aumenta la circolazione delle persone che è ancora limitata specie nell’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico, complica la vita alle lavoratrici ed ai lavoratori che sono costretti ad assistere i figli minori per la chiusura delle scuole, o parenti anziani o ammalati.

Assistiamo al riemergere dei vecchi paradigmi di chi vuole comandare il personale e non dirigerlo o coordinarlo, pensando che tenendolo chiuso nel recinto dell’Ufficio e della stanza, obbligandolo ad orari predeterminati, questo possa comportare una tenuta, o un incremento della produttività.

Non possiamo permetterci di disperdere un’esperienza che seppure dettata da una situazione emergenziale, ha prodotto notevoli risultati ed ha dimostrato che anche nella PA il lavoro può e deve cambiare

Dobbiamo gestire la fase due con l’accortezza di tutelare al massimo la salute, al fine di evitare una possibile ripresa del contagio, e allo stesso tempo accompagnare nei prossimi mesi il processo di modernizzazione delle Amministrazioni, delle procedure, dell’organizzazione del lavoro, attraverso il decollo di tutte le nuove modalità di lavoro, per farne un volano di sviluppo e di riconoscimento delle professionalità.

In questi giorni siamo impegnati sul campo, con tutte le nostre strutture, per affermare questi principi e contrastare le scelte di parte della vecchia burocrazia e degli apparati, che si ostina a mettersi di traverso e ostacolare il cambiamento.

Stiamo proponendo e definendo Accordi in molte Amministrazioni, partendo dalla firma del Protocollo d’intesa dell’8 aprile 2020 con la Ministra per la Pubblica Amministrazione e chiedendo l’attuazione delle norme e degli istituti contrattuali a tutela della salute e della sicurezza dei posti di lavoro.

Ma c’è bisogno anche di altro. Di definire a monte un quadro di regole che impedisca fughe in avanti pericolose per i lavoratori, i cittadini ed il Paese, e che individui i tempi e le modalità della ripresa del lavoro in presenza, con precisazioni, aggiornamenti e interpretazioni di regole e norme pensate e concordate in situazioni non caratterizzate dall’emergenza attuale, e che invece vanno applicate e garantite in questa fase che, al momento, si estende fino al 31 luglio 2020.

Un Protocollo per gestire in modo organico e coerente la fase due nella Pubblica Amministrazione, che contenga anche gli elementi per avviare il confronto nella competente sede negoziale che è l’Aran, all’interno del rinnovo dei Contratti nazionali di lavoro, scaduti da più di un anno e che  è urgente rinnovare,  non solo dal punto di vista economico, ma anche ordinamentale, professionale  e negli istituti che regolano il rapporto di lavoro.

Ecco il perché in data odierna, con la nota che alleghiamo, abbiamo sollecitato la Ministra per la Pubblica Amministrazione a riprendere il confronto, per dare riscontro alla richiesta da noi formulata nei giorni scorsi, tendente a definire, in tempi brevi, un Protocollo che vada nella direzione da noi formulata”.

Naturalmente FLP Difesa non può che auspicare un riscontro quanto mai sollecito alla richiesta di CSE, nella convinzione che l’esperienza del lavoro agile nel corso dell’emergenza non sia stata solo un modo per arginare l’epidemia, e che abbia creato un importante viatico per il suo consolidamento quale innovativa ed efficace modalità di prestazione di lavoro nella PA.

IL COORDINAMENTO NAZIONALE FLP DIFESA

Allegato 1: 04.05.2020 Direttiva_n_3_ministro_PA

Allegato 2: 05.05.2020_lettera CSE a Ministra Dadone_rich_incontro_protocollo