Nella giornata dell’8 marzo gli spazi per una riflessione sulla condizione delle donne oggi nel mondo del lavoro e nel mondo; ma anche per una riflessione sulla calamità della nuova guerra che si sta svolgendo in Europa e sulle sue conseguenze. La nostra manifestazione di solidarietà a tutte le donne coinvolte da questa immane tragedia

Notiziario FLP Difesa n. 16 del 8 marzo 2021 –

Oggi è l’8 marzo, la giornata dedicata alla riflessione sulla condizione delle donne nel mondo e nel lavoro: le statistiche continuano ad essere impietose: oggi in Italia lavora il 50% circa delle donne, un po’ meglio che all’inizio della pandemia, molto di meno della media europea, che arriva al 65%, con picchi dell’80% risalendo verso nord; in gran parte a tempo determinato/part-time, dunque poco retribuito e precario, nonostante un discreto livello culturale medio. Una sconfitta per il paese, che sperpera un potenziale di cervelli importante sul piano economico e sociale. Come investire su Federica Brignone e poi farla giocare nella squadra di sci parrocchiale. Guardiamoci, ora che arrivano i soldi del PNRR, non sprechiamo un’altra occasione.

                  Dopodiché, vogliamo anche le mimose…

                  Ma questa riflessione si svolge mentre, dopo le angosce di due anni di COVID, ci siamo addentrati, senza soluzione di continuità, in quelle di questa indicibile guerra che si sta perpetrando vicino casa nostra, in Europa. Una guerra voluta per ottenere la neutralizzazione dell’Ucraina, il riconoscimento dell’annessione della Crimea alla Russia, e il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass. Una guerra che non è lampo, perché il territorio ucraino è molto esteso, e perché il suo popolo si sta battendo incredibilmente  per la sua libertà. Una guerra che vede i civili costretti a nascondersi come topi nei sotterranei cittadini sotto i boati incessanti delle bombe. Le cronache di questi giorni documentano l’eccidio: una intera famiglia, una mamma con due bimbi, sterminata da un colpo di mortaio a Irpin; muoiono sotti i colpi tanti bambini innocenti, Kirill, Polina, Semion, e tanti altri, e gli ospedali non hanno strumenti per salvarli. Non si trova più acqua né pane, i negozi e i camion dell’Unicef sono presi d’assalto. Si blocca la corrente elettrica, sono bloccate le telecomunicazioni; gli ospedali non hanno più medicine; sono più di 1 milione e mezzo i profughi, (fanno specie gli ex bimbi di Chernobyl che tornano in Italia come profughi); e i corridoi umanitari sono bloccati. Sono tante le manifestazioni di aiuto e solidarietà, che gli ucraini non si aspettavano, ma intanto Il presidente Zelensky si appella all’Occidente responsabilizzandolo: “Se non ci date la no-fly zone, almeno forniteci aerei, altrimenti anche voi volete che ci uccidano lentamente”.

                  Ieri era la domenica del Perdono per i cristiani, ma il presidente ucraino ha  urlato al mondo il dolore del suo popolo martoriato: “Noi non perdoneremo le centinaia e centinaia di vittime, le migliaia e migliaia di sofferenze. E neanche Dio lo perdonerà. Ne oggi, né domani, né mai. Al posto della giornata del Perdono, il giorno del Giudizio”.

                  Si tratta di una guerra moderna, con incursioni “cyber”, dove la comunicazione può diventare anch’essa  strumento di lotta psicologica, con le fake news, con la creazione di siti che forniscono informazioni sui prigionieri di guerra russi altrimenti impossibili. Per questo la Russia adotta contromisure quali la legge sulle fake news, che prevede fino a 15 anni di carcere, e quali la chiusura di tv, radio e social network.  E sono migliaia gli arresti per reprimere le manifestazioni contro la guerra.

                  Il resto del mondo sanziona economicamente la Russia; -7% la perdita del PIL russo stimata da Moody’s nel 2022; sia grandi marchi della moda che Ikea hanno chiuso contemporaneamente i loro negozi in Russia annunciando lo stop di tutte le operazioni ma garantendo lo stipendio alle loro migliaia di dipendenti russi; le carte di credito smettono di funzionare e il Cremlino ha proibito bonifici all’estero sopra i 5000 dollari. VISA, Mastercard e American Express si ritirano dalla Russia, rimandando tutti all’età del contante; i maggiori produttori di hardware e software, da Microsoft a Nvidia, ritirano l’appoggio ai clienti russi; sono proibite manutenzione e vendita di ricambi per gli aerei russi. E molti cittadini russi stanno scappando, spesso senza una lira.

                  Oggi siamo sospesi nella condizione della “quiete prima della tempesta”, poiché le truppe russe si sono ammassate vicino a Kiev. Tutto il mondo sta manifestando per la pace, ed esprimendo solidarietà al popolo ucraino, agli uomini che stanno combattendo una lotta impari contro il colosso militare russo, alle donne che sono chiamate a fuggire per provvedere alla sopravvivenza dei loro bambini e dei loro vecchi, e a quelle che, anch’esse, restano in patria insieme ai loro uomini sul fronte della guerra.

                  Facciamo nostre le parole di Papa Francesco nell’Angelus di domenica: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e lacrime, non si tratta di una operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. La guerra è una pazzia”.

                  E riflettiamo sulla nostra memoria corta: abbiamo assistito alle atrocità di un’altra guerra, più vicina, nella ex Jugoslavia, abbiamo negli occhi le cronache delle vicissitudini dei profughi afgani e di quelli siriani in fuga da altre guerre; abbiamo letto le testimonianze del genocidio degli armeni, e i ricordi delle due guerre mondiali del 900 con la persecuzione degli ebrei.

                  Se lo stupro è una violenza contro la volontà di una persona che non vuole appartenere al suo stupratore, la guerra è una immane violenza che si consuma tra popoli.

                  Vogliamo pensare che forse oggi qualcosa è cambiato, forse non diremo ancora dei profughi “aiutiamoli a casa loro”; facciamo ciascuno qualcosa di concreto, e alimentiamo la memoria perché le tragedie non si ripetano.

                  Intanto siamo ancor di più vicine con tutto il  cuore alle donne ucraine, oggi che dovrebbe essere anche la loro festa. Che l’8 marzo possa essere un giorno che annuncia PACE.

Auguri a tutte le donne

 

p LA SEGRETERIA NAZIONALE FLP DIFESA

M.Pia BISOGNI – M.Teresa CAMPARA – Leonia CARDONE – M.Teresa D’URZO – Enza TEOFILI