Notiziario n. 113 del 20 agosto 2012 –
In data 11 giugno u.s. è stata depositata presso il Tribunale di Bologna una sentenza, che alleghiamo in copia al presente Notiziario, con la quale un giudice di quel Tribunale ha accolto il ricorso presentato da una dipendente del Ministero della Giustizia che non aveva ottenuto il trasferimento ad altra sede dello stesso Ministero che aveva richiesto in base a quanto espressamente previsto dall’art. 33 – 5° comma della legge 104/1992, come poi integrato dall’art. 24 della legge 183 del 04/11/2010. Tale norma più recente stabilisce infatti che “…il lavoratore…. ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso”, dettagliando proprio l’aspetto relativo al fatto che il lavoratore venga trasferito verso la sede più vicina a quella del soggetto a cui presta assistenza e non semplicemente verso il proprio domicilio.
In particolare, la dipendente, il cui coniuge era stato riconosciuto portatore di handicap in condizione di gravità ai sensi dell’ex art. 3, 3° comma, della legge 104/92, aveva chiesto all’Amministrazione di appartenenza, il Ministero della Giustizia, il trasferimento in altro Ente dello stesso ministero, il cui organico peraltro risultava carente di personale in possesso della qualifica dell’interessata, e il Ministero della Giustizia aveva respinto l’istanza ritenendola infondata.
Il giudice, nel richiamare il principio del trasferimento VERSO il domicilio dell’assistito, sottolinea anche che il diritto al trasferimento non sussiste solo al momento della scelta della prima sede di lavoro ma anche nel corso dell’attività lavorativa, laddove sopravvengano eventi morbosi comportanti l’esigenza di assistenza continua in favore di familiare entro il 2° grado di parentela o affinità. Ribadisce inoltre lo stesso Giudice di Bologna che si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo, che risponde ad una reale esigenza di tutela della salute della persona affetta da grave disabilità che necessita di assistenza continua. Il vincolo posto dalla norma, che il trasferimento sia attuato “ove possibile”, deve essere inteso nel senso che, una volta verificata la sussistenza dei presupposti (adeguata certificazione sanitaria), il diritto può NON essere soddisfatto SOLO nel caso in cui ci siano oggettive circostanze impeditive, quali la mancanza di un corrispondente posto in organico nell’ufficio verso il quale si chiede il trasferimento; il diniego del trasferimento “…non può essere subordinato a valutazioni discrezionali o di opportunità dell’Amministrazione”, come peraltro affermato dalla circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 13 del 6/10/2010 . Nel caso in questione, l’Amministrazione della Giustizia aveva invece sostenuto che il diritto di che trattasi non fosse “…assoluto e illimitato, soprattutto se ledeva le esigenze del datore di lavoro pubblico, traducendosi in un danno per la collettività”, portando a sostegno di tale argomentazione la maggior consistenza della scopertura organica dell’ente presso il quale la ricorrente prestava servizio.
In conclusione, il giudice ha ritenuto che, una volta verificata la sussistenza delle previste certificazioni sanitarie e della esclusività della assistenza da parte della moglie della persona malata, e inoltre, nel caso di specie, anche della effettiva esigenza di domiciliarsi nella sede indicata, dovesse essere considerato prevalente la tutela del portatore di handicap, accettando così la richiesta della lavoratrice ricorrente, e condannando inoltre l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali. Si conclude così positivamente la vicenda umana di una lavoratrice gravata da un problema enorme di carattere familiare, rispetto alla quale l’Amministrazione aveva opposto una posizione incomprensibile.
(Giancarlo Pittelli)
Allegato: Sentenza del Tribunale di Bologna per trasferimento Legge 104