Notiziario n. 98 del 9 settembre 2013 –
Riportiamo di seguito il Notiziario CSE n. 10 di oggi che reca alcune valutazioni della nostra Confederazione sulle problematiche legate alle entrate dello Stato e contiene alcune proposte per recuperare risorse e battere l’evasione fiscale.
” Sono stati resi noti nei giorni scorsi i dati relativi alle entrate tributarie dei primi sette mesi del 2013, che registrano un miglioramento dell’1,2 per cento, pari a quasi 3 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una buona notizia, sicuramente.
Le sorprese arrivano allorquando si va ad esaminare la composizione delle entrate: aumenta infatti, in modo considerevole, l’IRPEF trainata dalle ritenute sui redditi dei dipendenti pubblici che crescono del 3,8 per cento; le imposte indirette, in particolare l’IVA (- 5%), risultano invece in forte flessione.
Ad una prima lettura potrebbe sembrare che questo possa essere dovuto soltanto alla flessione dei consumi interni; è invece probabile – soprattutto leggendo i dati nel loro insieme – che una parte dell’economia italiana stia approfittando della crisi per “sparire” dai dati fiscali, andando ad alimentare il sommerso.
Purtroppo è un dato nel quale l’Italia già primeggia, visto che già abbiamo una percentuale di economia sommersa stimata nel 27,2 per cento (fonte Tax research – UK), seconda in Europa solo alla Romania e, ma di poco, a Polonia e Grecia.
La nostra evasione fiscale invece, stimata in 180 miliardi di euro, in Europa non la supera nessuno!! E i dati ci dicono che è le imposte sono a carico sempre degli stesi soggetti, non a caso quelli che lo Stato tratta peggio: i dipendenti e i pensionati e, in particolare, i dipendenti pubblici.
Una situazione intollerabile, anche perché solo aumentando la fedeltà fiscale ci sarà la possibilità di far ripartire l’economia. Per far questo c’è bisogno di politiche intelligenti ed efficaci che consentano, allo stesso tempo, di tracciare tutti i compensi e non solo quelli dei lavoratori statali.
Sgombrato il campo dalla falsa affermazione che l’alta tassazione favorisce l’evasione fiscale, visto che i paesi nord-europei hanno una tassazione più alta della nostra evasione fiscale molto più bassa, bisogna modificare radicalmente il rapporto fisco-contribuente, togliere ogni alibi agli evasori fiscali e a quel punto colpire duramente chi non adempie ai propri obblighi, senza far prevalere logiche di schieramento politico in una questione di pura sopravvivenza dello Stato e dei servizi resi a tutti i cittadini.
La FLP/CSE propone una strategia in cinque mosse:
1) Modificare il rapporto fisco-cittadini: è inutile pensare di battere l’evasione fiscale con i blitz nelle località di villeggiatura e i controlli sono troppo pochi (il personale non è sufficiente per fare di più) per assicurare una reale e decisiva lotta all’evasione. Bisogna semplificare al massimo gli adempimenti fiscali, le agenzie fiscali devono diventare tutor e consulenti dei cittadini e delle imprese, le norme in materia tributaria devono essere di facile applicazione. Solo le grandi aziende devono sentire il bisogno di affidarsi a professionisti per compilare le dichiarazioni e tenere i conti;
2) Affidarsi alle banche dati per avere la massima tracciabilità dei compensi: nei paesi del nord-europa l’evasione non si batte con i controlli a tappeto ma con il ricorso a banche dati efficienti e con controlli mirati. Oggi i dati in possesso dell’amministrazione finanziaria sono molti ma non tutti utili e alcuni di difficile “processabilità”. Si potrebbe, ad esempio, iniziare a usare i dati delle grandi aziende per un controllo preventivo dei loro fornitori. Insomma, tutti devono sapere che vi è un controllo a monte di ciò che si guadagna, in modo che sia scoraggiato il ricorso all’evasione. Analogamente, c’è urgente bisogno di una riforma seria del catasto, che oltre a far emergere i fabbricati sconosciuti al fisco, sia più equa e classifichi in modo giusto i fabbricati. Non è possibile che oggi il valore di un immobile in periferia sia, in molti casi, maggiore di immobili siti nei centri storici;
3) Responsabilizzare i professionisti: abbiamo più commercialisti in Italia che nel resto d’Europa. Semplificando gli adempimenti fiscali avrebbero meno lavoro ma potrebbero “riciclarsi” come asseveratori dei conti delle imprese, soprattutto in caso di compensazioni. Facciamo un esempio: nel 2008 furono introdotte norme più stringenti per la compensazione dei crediti IVA, il campo nel quale le frodi sono più comuni. In particolare, la norma introdusse l’obbligo di un visto di conformità da parte dei professionisti per l’utilizzo di crediti IVA superiori ai 15.000 euro. L’anno successivo i crediti IVA compensati passarono da 27 a 21 miliardi di euro, con un risparmio di 6 miliardi. Si potrebbe scendere ancora e rendere obbligatorio il visto di conformità per l’utilizzo di crediti superiori a 10.000 euro o anche a 5.000 e in più responsabilizzare i professionisti per l’uso di crediti impropri;
4) Ma che fine fanno le imposte pagate? Un altro degli alibi più abusati dagli evasori è quello secondo il quale non vale la pena pagare le imposte perché lo Stato non le usa per dare servizi migliori ma per alimentare gli sprechi. Perché allora non pensare a due misure che tolgano anche quest’alibi? La prima potrebbe essere quella di fissare per legge che una quota dell’aumento delle entrate fiscali dovuta ad adempimento spontaneo sia destinata all’abbassamento delle aliquote, a cominciare dai redditi più bassi; la seconda l’introduzione di una fiscalità di vantaggio per coloro che facessero donazioni a università, enti di ricerca o per il restauro di beni culturali presenti sul proprio territorio. A questi soggetti (privati o imprese) verrebbero concessi crediti di imposta pari ad una percentuale di quanto donato. In tal modo si alimenterebbe la divergenza di interessi tra i potenziali evasori (imprese, prestatori d’opera, professionisti) e coloro che ricorrono ai loro servizi: se so che un aumento delle entrate favorisce l’abbassamento delle imposte sono più portato a chiederti la ricevuta. Inoltre, si potrebbe alleviare la carenza cronica di fondi per la ricerca e i beni culturali, vera miniera d’oro mai sfruttata del nostro Paese;
5) Infine, inasprimento delle punizioni a carico degli evasori: tolto ogni alibi agli evasori (semplificazione degli adempimenti, fiscalità di vantaggio, uso delle imposte per diminuire le aliquote) chi evade deve essere punito severamente perché sottrae risorse a tutti i cittadini usufruendo gratis dei servizi che non paga. Abbassamento della soglia di punibilità penale, divieto di lavorare con le pubbliche amministrazioni, pene certe per gli evasori. Oggi lo Stato è forte con i deboli e debole con i forti. Equitalia non distingue l’evasore fiscale da coloro che, a causa della crisi, dichiarano le imposte fino all’ultimo euro ma non possono far fronte ai pagamenti. Circa il 40 per cento di quello che viene sbandierato come recupero dell’evasione proviene da imposte dichiarate e non versate. La proposta della FLP/CSE è invece di punire severamente gli evasori ma di non bloccare le attività produttive di coloro che non evadono, dichiarano tutto ma non sono momentaneamente in grado di pagare. Allo stato attuale gli evasori invece non corrono alcun rischio anzi si discute se possano o no candidarsi alla guida del Paese.
Proposte semplici per recuperare i soldi che servono a rendere civile l’Italia e farla rientrare nella media europea. Si parla tanto di parametri per restare in Europa, possibile che il tasso di evasione fiscale non sia tra questi? Sinora vi sono stati troppi tentennamenti politici: a destra come a sinistra si è spesso strizzato l’occhio a chi non paga le tasse (l’assurdità del viceministro all’Economia del PD Fassina sull’evasione di necessità è di appena poche settimane fa) e si è preferito tartassare dipendenti (meglio se pubblici) e pensionati, che pagano oltre l’80 per cento delle imposte sui redditi.
Il ritornello che spesso si è sentito è che gli evasori votano e bisogna tenersi buoni anche quelli. Noi, che vogliamo rappresentare la parte miglio0re del Paese, vogliamo voltare pagina e abbandonare il cinismo dei politicanti. Anche i dipendenti, pubblici e privati, votano. E sono milioni. Riteniamo giusto che siano trattati come cittadini e non come sudditi, che pagano anche per i furbetti.
IL DIPARTIMENTO POLITICHE ECOMICHE E FISCALI CSE
Allegato 1: LA REPUBBLICA – 5 settembre 2013