Notiziario FLP Difesa n. 19 del 8 marzo 2021 –
Il New York Times ha pubblicato di recente un dossier sugli effetti della pandemia sulle madri lavoratrici, associandola al burnout. L’avventura parte con il primo figlio, che ha l’effetto di sballare tutti gli orari e di produrre una persistente deprivazione del sonno, impossibile da recuperare (prima bisogna sfamare il pupo, poi compaiono le colichette, poi i dentini, poi la pipì a letto , poi comincia la scuola, le interrogazioni, le prime uscite del sabato sera, e via di questo passo. Tutto ciò mentre il mondo del lavoro corre in avanti senza soluzione di continuità, le scadenze non sono rinviabili, i colleghi non sempre disponibili, le complicazioni sempre dietro l’angolo; e intanto c’è da badare ai genitori anziani, ai ritmi della didattica, oggi a distanza, non sempre potendo contare sul contributo del partner.
Le donne sono stanche perché fanno troppo. E sono costrette a fare le cose, semplicemente perché se non lo fanno loro nessun altro lo fa. E oggi ancor di più, posto che i carichi della cura e dell’assistenza familiare nei confronti di bambini, anziani e disabili sono in capo principalmente a loro. E’ un secondo lavoro dato per scontato, ovviamente non retribuito, e non sostenuto da servizi pubblici per mancanza cronica di un welfare adeguato, il che fa delle donne lavoratrici la categoria a maggior rischio di crollo; e le cronache riferiscono della gravissima perdita di posti di lavoro (444.000 nel 2020, il 70% donne, e da dicembre a oggi 101.000 unità di cui 99.000 donne – il 99%!!!)
Dunque la storia non cambia: se prima alle donne non venivano riconosciuti incarichi e riconoscimenti che pure avrebbero meritato, oggi per effetto delle scuole chiuse, delle quarantene fiduciarie, dei nonni fuori gioco, delle tate in lockdown, il surlavoro è fuori controllo; è nella cronaca di questi tempi la stanchezza da mancanza di disconnessione per chi da un anno si trova a lavorare nella modalità “smart working emergenziale”: la mancanza nella maggior parte dei casi di una regolamentazione vera ci ha esposto a tutte le degenerazioni di questo sistema: molte donne lamentano di aver spesso lavorato da casa più che in presenza, preoccupate di rendere al massimo la prestazione richiesta, ignorando l’esercizio del diritto alla disconnessione; e ciò mentre al contrario opinione pubblica e datori di lavoro spesso svalutano il lavoro agile, ritenendolo una forma di prestazione lavorativa affievolita e non controllabile. Dunque, cornute e mazziate… con la voglia di tornare a lavorare in presenza, anche per riprendere a vivere la propria prestazione riprendendo la normalità dei contatti umani, dello sguardo, della collaborazione, e perché no, della battuta ricreativa, che da tempo ci manca. Peggio ancora, molte donne hanno dovuto scegliere di lasciare il lavoro, essendo più conveniente fra i coniugi il sacrificio di quello economicamente svantaggiato.
E intanto ai tempi del COVID c’è un altro versante estremamente preoccupante: in lockdown si esaspera la conflittualità dei rapporti personali e, se prima in Italia veniva uccisa una donna ogni 6 giorni, durante il lockdown ne è stata uccisa una ogni due giorni. Una violenza infinita.
Sarebbe importante che fra le destinazioni delle risorse del Recovery fund venissero ricomprese iniziative destinate a supportare un welfare vero, che consenta alle donne di non dover scegliere fra famiglia e lavoro, e di non spremere ogni giorno e oltre ogni limite le proprie energie. Vedremo.
Intanto, buona festa a tutte le donne e in particolare a tutte le colleghe!!!.
LA COORDINATRICE NAZIONALE FLP DIFESA
Maria Pia BISOGNI