Notiziario n. 133 del 10 ottobre 2012 –
Riportiamo di seguito il Notiziario CSE n. 23 di data odierna, relativo ai contenuti del disegno di legge di stabilità 2013 varato dal Governo.
“Nella riunione del Consiglio dei Ministri di ieri è stato varato il DDL di Stabilità, un provvedimento da 11.6 miliardi di euro che “dovrebbe” consentire, appunto, il pareggio di bilancio per il 2013.
Una sintesi della scelte operate dal Consiglio dei Ministri, in un quadro consolidato di aumento delle tariffe e dei prezzi, porta ancora una volta ad un ulteriore taglio al salario dei lavoratori pubblici con il blocco dei contratti per gli anni 2013 – 2014 e, per tale biennio, anche alla soppressione della indennità di vacanza contrattuale che verrà ripristinata nel 2015 (forse) sulla base dell’inflazione programmata.
A questo deve essere aggiunta una “ciliegina sulla torta” e cioè un taglio del 50% sulla retribuzione relativa ai tre giorni di permesso ai sensi della legge 104/1992 ai fini dell’assistenza ai genitori disabili, retribuzione che prima veniva corrisposta per intero. Una misura che in questi anni, nonostante la poca voglia di opposizione a politiche sbagliate di una buona parte del sindacato, non era stata concessa neppure a Brunetta.
Per rimanere nell’ambito delle iniziative tese al “risparmio” che, poi, nei fatti, si traducono in spese per i lavoratori, occorre evidenziare, per la Sanità, il taglio di un miliardo di euro, a regime, per il fabbisogno sanitario nazionale, taglio che inevitabilmente si tradurrà in un abbassamento della qualità e della quantità dei servizi alla salute resi per il cittadino.
Sempre sul fronte delle ricadute sui cittadini utenti, occorre rilevare il taglio di 2.2 miliardi di euro sulle Autonomie Locali, in prima fila le Regioni e non solo, ancora una volta soggette ad un taglio lineare e non selettivo, che inasprisce quello già operato a luglio 2012 con il DL 95 sulla spending review.
Si aggiunga ancora quella che riteniamo forse la parte più pesante e cioè la previsione dell’aumento, dal 2013, dell’aliquote IVA con la furbata di “minacciare” l’aumento di due punti percentuali per poi “graziare” gli italiani aumentando di un punto le aliquote dal 10 all’11%, e dal 21 al 22%., con un ulteriore possibile effetto perverso su prezzi e tariffe.
Tutto questo e altro ancora contenuto nel DDL, a detta del Ministro Grilli, anche per controbilanciare la diminuzione dell’aliquota Irpef di un punto, dal 23% al 22% per lo scaglione fino a 15.000 euro e dal 27% al 26% per quello fino a 28.000 euro con un costo complessivo di 5 miliardi (4 miliardi per la prima aliquota che si applica a tutti ed 1 miliardo per l’altra).
Un Governo che ha sospeso la democrazia nel nostro Paese e che si configura sempre più come il “potere dei poteri forti” a scapito delle fasce più deboli della cittadinanza, decide misure che, oltre ad essere recessive, colpiscono ancora una volta le parti più deboli:
– l’aumento dell’IVA e la diminuzione di un punto dell’Irpef colpisce i cosiddetti “incapienti”, cioè coloro che vivono con stipendi e pensioni talmente bassi che non pagano IRPEF (e quindi non avranno benefici di nessun genere dal suo abbassamento) ma pagano l’IVA, una misura che inizia a dare risparmi a partire da un livello di salario maggiore di quello della gran parte dei lavoratori dipendenti;
– i tagli alla sanità e soprattutto il taglio del 50% del salario per usufruire della Legge 104/92 fanno fare all’Italia un passo indietro di trent’anni sul piano dei diritti e dello stato sociale, che viene accollato sempre più alle famiglie. Chi ne soffrirà saranno gli strati deboli della popolazione, quelli ricchi si pagano la sanità e l’assistenza privata.
Ricordiamoci tutti che quando si cancella un diritto si arretra di molti passi il cammino verso la democrazia compiuta e non ci sono scuse economiche perché tutte le misure per far pagare chi non ha mai pagato proposte dalla CSE in questi ultimi anni non sono mai state prese in considerazione dai governi. Chi paga deve continuare a pagare e chi non paga deve continuare a non farlo, questo è il messaggio che viene anche stavolta da un gruppo di tecnocrati che difende il sistema della speculazione finanziaria anziché i cittadini, con il beneplacito di una classe politica talmente screditata da non avere nemmeno la capacità di opporsi.
Per riprendere il cammino verso una democrazia compiuta, fatta di legalità, solidarietà e partecipazione c’è bisogno di prendere coscienza che il problema non è di questa o di quell’altra categoria ma complessivo.
Contro le dichiarazioni di Monti che si gloria di stare “spremendo” gli italiani (sì, ma quali italiani, Professor Monti? Quelli deboli!!) come ha fatto ieri a Bruxelles, è necessario un sussulto della gente onesta e laboriosa di questo Paese; o la politica fa il suo mestiere e inverte la rotta o dobbiamo essere noi a portare la parte migliore dell’Italia in piazza, unitariamente, con un grande sciopero generale.
Per questo abbiamo ritenuto sbagliate le vertenze delle ultime settimane, che hanno portato a scioperi di singole categorie quando invece la mobilitazione deve essere globale. Milioni di persone in piazza a reclamare la restituzione del maltolto e la partecipazione alle spese di chi non ha mai pagato e vuole continuare a non farlo.
Per questo ci adopereremo sin da oggi coinvolgendo tutte le forze sindacali!!
LA SEGRETERIA GENERALE CSE
Allegato: Il testo del DDL di stabilità approvato dal Consiglio dei Ministri