Le contraddizioni e i regali di Renzi e del suo Governo. Tranne che ai dipendenti pubblici

Notiziario FLP DIFESA n. 2 del 3 gennaio 2014 –

Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi

Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi

Riportiamo di seguito il Notiziario n. 1 del 2 gennaio u.s. con il quale la nostra Federazione propone alcune considerazioni sui contenuti del c.d. “decreto milleproroghe”  di fine anno, pubblicato sulla G.U n. 302 del 31.12.2014, che pubblichiamo su questa stessa pagina.

” Il rottamatore, il cultore del nuovo, il Presidente del Consiglio che si è presentato come colui che avrebbe spazzato le lentezze della burocrazia, sia sta rivelando sempre più come il garante di nuovi equilibri per i vecchi poteri economici. Gli unici sicuramente fuori dalle sue grazie sono i dipendenti pubblici, ai quali non ha rinnovato il contratto e contro i quali non perde occasione di parlare.

Delle nomine fatte in questi mesi non serve nemmeno parlare, tanto è chiaro e lampante che non è cambiato proprio nulla, con tanto di boiardi e politici “trombati” messi ai posti chiave. Ma anche le misure di fine anno, dalla legge di stabilità al decreto milleproroghe (che Renzi aveva promesso di abolire quando al governo c’era Letta), non fanno eccezione anzi confermano la regola. Ma andiamo con ordine:

Concessioni autostradali: non bastano i regali di fine anno sotto forma di aumento di pedaggi, che il Governo ha concesso anche se l’economia è ferma e gli stipendi degli italiani pure. Infatti, il Governo, che aveva regalato con lo Sblocca Italia ai grandi padroni delle autostrade (Benetton, Banca Intesa, Gavio ma anche le cooperative rosse) 6 miliardi di euro (praticamente quanto un rinnovo triennale del pubblico impiego), ha anche prorogato i termini per usufruire del regalo. Poiché per accedere ai soldi bisognava presentare un piano di modifica del rapporto concessorio entro il 31 dicembre 2014 e i destinatari del cadeau miliardario non erano pronti nemmeno con questo adempimento formale, il decreto mille proroghe ha rinviato i termini al 30 giugno 2015. Detto per inciso, oltre a costarci circa sei miliardi di euro, questa misura ci espone a una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per aiuti di stato che violano la libera concorrenza.

Questione MAXXI e stipendio del Presidente della Fondazione: l’Italia è il Paese dove non si trovano i soldi per pagare gli straordinari ai lavoratori per tenere aperti musei e opere di interesse artistico e storico, dove i servizi alla cittadinanza diminuiscono perché gli uffici sul territorio chiudono ma dove si affronta una querelle burocratica se solo c’è di mezzo un politico o un ex-politico. È il caso della ex-ministro per i Beni e le Attività Culturali (che ha fatto più danno della grandine) Melandri, nominata Presidente della Fondazione MAXXI, incarico che doveva essere senza stipendio (a sentire lei) e che invece da novembre 2013 percepisce 91.500 euro all’anno (più retribuzione variabile) nonostante l’avviso contrario della Ragioneria Generale dello Stato che ritiene che la Fondazione MAXXI sia ente di ricerca solo ai fini fiscali e quindi non possa retribuire il suo Presidente. Ma quando si fa parte della casta è per sempre.

Voti doppi per i vecchi capitalisti: abbiamo assistito proprio in questi giorni alle dichiarazioni di politici di primo piano (di destra, di sinistra e di centro) che invocavano licenziamenti più facili – prontamente esauditi dal Governo con l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori – come unica possibilità per attrarre investimenti dall’estero. Peccato che nel frattempo il Governo, guidato dal nuovissimo Renzi che aveva promesso di far piazza pulita di tutto il vecchio, ha varato una norma che dà la possibilità a coloro che detengono azioni di una società da almeno due anni di attribuirsi un voto doppio rispetto al numero di azioni possedute. Un regalo quindi a tutte quegli imprenditori (nella maggior parte dei casi sono solo prenditori) responsabili dello sfacelo dell’industria italiana, capitalismo familista più che familiare. Ora, ci chiediamo, questa misura allontana gli investitori stranieri più o meno dell’articolo 18?

Dulcis in fundo, le care vecchie municipalizzate: abbiamo visto come il grosso dello scandalo di “mafia capitale” ruoti attorno agli appalti delle cosiddette municipalizzate che, chiariamo, non sono di per sé uno spreco e un costo ma lo diventano quando non producono servizi, diventano mero strumento clientelare e di aggiramento del blocco delle assunzioni o servono solo per garantire posti in consiglio di amministrazione a ex-politici “da sistemare” ad ogni costo. Ed è un fatto che la stragrande maggioranza delle migliaia di società municipalizzate o “in-house” fanno parte della categoria sprechi e ruberie ai danno dello Stato.

Per questo era previsto che entro il 31 dicembre 2015 (che comunque non è proprio domani), si provvedesse ad un riordino delle municipalizzate con la chiusura di quelle società che fatturavano meno di centomila euro. Ebbene, cosa ti fa il Governo con la legge di stabilità? Proroga i termini per il riordino e cancella la norma sulla chiusura delle società che servono praticamente solo a pagare stipendi ai consiglieri di amministrazione! Bell’esempio di spending review e di politica anticorruzione!

Insomma, nessuno venga più a dirci che non ci sono i soldi per rinnovare i contratti dei dipendenti pubblici e nessuno ci venga a spiegare che i lavoratori non hanno bisogno di mobilitazioni e di scioperi contro la politica del Governo Renzi perché è chiaro che l’unica operazione che si sta facendo è quella dell’affossamento dei diritti dei lavoratori mentre contemporaneamente si sostituisce un’oligarchia con un’altra oligarchia.

Altro che governo dei boy scout, questi sono boy scout mannari!

                                                    Il Dipartimento politiche economiche e fiscali FLP “

Allegato: DL 31.12.2014, n. 192 – proroga di termini previsti da disposizioni legislative (c.d. decreto milleproroghe)