Grande clamore ha provocato la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato la illegittimità della norma che aveva impedito la proroga dei termini al 31.12.1993 per il computo dell’anzianità utile al riconoscimento della maggiorazione della RIA. Avevamo dunque ragione quando abbiamo presentato, ormai quasi 30 anni fa, i relativi ricorsi. Ma avere ragione non basta: la Corte di Cassazione ha più volte affermato che gli effetti di una sentenza di illegittimità non comportano automaticamente, e per tutta la platea interessata, il riconoscimento delle somme a suo tempo maturate.

Notiziario FLP Difesa n. 3 del 25 gennaio 2024 –

Soldi soldi soldi

Grande rumore e interesse ha prodotto la sentenza della Corte Costituzionale n. 4/2024 con la quale è stata certificata l’illegittimità costituzionale della norma (l’art. 51, comma 3, della legge n. 388/2000) con la quale il Governo aveva negato la proroga al 31 dicembre 1993 del contratto di lavoro 1988-1990, e del termine utile per il calcolo del requisito dei 5, 10 e 20 anni di servizio che davano luogo al riconoscimento della maggiorazione della RIA, ai sensi dell’articolo 9, commi 4 e 5, del DPR n. 44/90 . La sentenza riconosce quindi la correttezza delle istanze e dei molteplici ricorsi presentati a suo tempo, poi mortificati dalla cosiddetta “interpretazione autentica” venuta dal Parlamento, che riconosceva validi solo i requisiti maturati sino al 31.12.1990.

In realtà è necessario essere più realisti del re, consultando lo studio legale con noi convenzionato dell’avvocato cassazionista Antonio Barilari, che ci ha fornito alcuni importantissimi chiarimenti  in merito agli effetti e alle conseguenze della sentenza di incostituzionalità emessa dalla Corte Costituzionale, intrecciata con le sentenze della Corte di Cassazione, da ultimo con quella a Sez. unite n. 36197/2023, in merito alle decorrenze della prescrizione.

In particolare è emerso come la Corte di Cassazione si sia più volte pronunciata in merito, specificando come la dichiarata illegittimità di una norma non comporti né una declaratoria di inesistenza o di nullità (per cui la norma non esiste/non ha mai prodotto effetti), né l’abrogazione (per cui la norma perderebbe di efficacia a partire dalla data della sentenza), né l’annullamento (per cui la norma sarebbe stata privata dei suoi effetti fin dal principio).

Piuttosto la pronuncia di illegittimità determina la disapplicazione della norma illegittima non opera per il passato, ma solo per il futuro, e in particolare  in due casi:

  • Nel caso in cui il giudizio sul ricorso proposto dall’interessato sia stato sospeso nell’attesa di conoscere il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legittimità della norma (ed è il caso di circa 600 colleghi/ex colleghi della Difesa, per i quali il Consiglio di Stato aveva rinviato al giudizio della Corte Costituzionale);
  • Nel caso in cui l’interessato abbia sistematicamente interrotta la prescrizione, avendo proposto la relativa istanza di interruzione dei termini quinquennali prima della relativa scadenza, e reiterandola periodicamente ad ogni quinquennio (dal nostro osservatorio, pressochè nessuno).

Per contro la stessa Corte di Cassazione ribadisce inoltre che la sentenza di illegittimità non può in ogni caso produrre alcun effetto sui giudizi già conclusi. Dunque i ricorsi a suo tempo presentati passati in giudicato, avendo i giudici deciso per una sentenza di rigetto, non possono essere riaperti.

Altro caso è quello di chi non ha mai agito innanzi all’Autorità giudiziaria pur avendo maturato l’anzianità utile alla rivendicazione di che trattasi: come già anticipato, vale il principio per cui, in assenza di interruzione della prescrizione quinquennale, i crediti maturati nel 1993 risultano inesigibili e prescritti già nel 1998. Sul punto infatti , come riferito dal legale, si è pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 28.12.2023 n. 36197, confermando il principio per cui nel pubblico impiego (a differenza del privato…) vige la prescrizione anche in corso di rapporto.

La scelta attualmente dilagante, promossa da subito da diverse organizzazioni sindacali, di promuovere la presentazione di istanze individuali di riconoscimento del dovuto da parte dell’Amministrazione assume l’aspetto di una iniziativa “tampone” e senza rischi, messa in campo per guadagnare tempo al fine di studiare iniziative alternative per superare gli scogli opposti dalle normative vigenti; una scelta che, senza i chiarimenti di cui sopra, crea false illusioni e intanto è sicuramente un’operazione di proselitismo, messa in campo nonostante l’altissimo rischio di deludere le aspettative dei colleghi interessati.

E’ pur vero che tentar non nuoce, ma naturalmente non sfuggirà in ogni caso che la mera richiesta individuale andrà prevedibilmente incontro al diniego dell’Amministrazione; per cui inevitabilmente il passo successivo dovrebbe essere il ricorso in giudizio, laddove l’Amministrazione, nella pressochè totalità dei casi, avrebbe ampio margine per eccepire l’inesigibilità per intervenuta prescrizione, con la conseguenza che il giudice, a meno della presentazione di adeguata documentazione probante, propenderebbe per l’esito negativo del giudizio e per la condanna nei confronti del ricorrente al pagamento delle spese legali.Dunque un alto rischio di soccombenza per tutti coloro che non siano compresi tra i ricorrenti il cui giudizio era stato sospeso in attesa della sentenza della Corte Costituzionale, o fra coloro che hanno interrotto formalmente la prescrizione entro lo scadere di ogni quinquennio a partire dal 1998. Per quanto sopra, riteniamo che sia tutto sommato comunque ragionevole presentare l’istanza di riconoscimento di quanto maturato (di cui alleghiamo fac-simile da inviare a Persociv per via gerarchica)), ma solo nella consapevolezza che la richiesta dovrebbe trovare una sponda in interventi normativi di sostegno da trovare nella dei vertici politici piuttosto che nelle singole Amministrazioni (e quindi della nostra).

Quanto sopra considerando proprio la enorme portata economica dell’operazione, che traguarda i singoli settori della PA, in termini di quantificazione della retribuzione, del trattamento di quiescenza e degli arretrati da corrispondere al personale assunto nel periodo 1 gennaio 1971 – 31 dicembre 1988. In conclusione, è di tutta evidenza che la questione non possa essere circoscritta alla competenza di ciascuna singola Amministrazione, ma che debba essere invece essere affrontata a livello politico. Per questo la nostra O.S. sta lavorando in questa direzione, studiando le possibili strade utili da percorrere presso i vertici della politica e del Governo, al quale ha scritto la nota in allegato 2). Si fa in ogni caso riserva di fornire adeguati aggiornamenti al personale interessato.

E’ tutto per ora, fraterni saluti.

LA COORDINATRICE GENERALE FLP DIFESA – Maria Pia BISOGNI

All.1: 25.01.2024 Modello di istanza individuale maggiorazione RIA

All.2: 25.01.2024 FLP scrive al Governo su applicazione sentenza RIA